Contrastare il cambiamento climatico insieme alla difesa dell’equità sociale è un’opzione primaria nelle politiche economiche per la trasformazione sostenibile e la transizione energetica. Guerre ed epidemie passano e possono essere governate anche nel breve periodo, le speculazioni vanno arginate con l’ AI – Intelligenza Artificiale; al contrario il riscaldamento globale si smorza in decenni.
Ridurre le emissioni climalteranti significa consumare meno fonti fossili; lo sviluppo richiede invece sempre più energia che non può, almeno nel breve periodo, essere sostituita dal solare/eolico e simili; per il nucleare se ne può parlare per il medio periodo.
Guardiamo lontano considerando gli effetti geopolitici di una drastica riduzione dei consumi di petrolio, gas e carbone. Qui si apre la questione sociale. A parte i Paesi con poca popolazione e tanto fossile che hanno accumulato ricchezze e investimenti protettivi per secoli, parliamo degli altri, dei molti altri Paesi che invece si reggono sulla estrazione per equilibrare la carenza industriale e per mantenere la pace sociale di una popolazione molto sviluppata; parliamo di Algeria, Angola, Egitto, Libia, Mozambico, Nigeria in Africa e molti altri nel sud America. Questi Paesi, senza le entrate derivate da estrazioni, andrebbero in default, scoppierebbero gravi catastrofi economiche, crollerebbe la precaria pace sociale. Nessuno, sopratutto Stati Uniti ed Europa, può ignorare questa evidenza. Tali disordini non potrebbero rimanere entro i confini, verrebbero esportati con l’emigrazione aggressiva, la criminalità, il terrorismo, lo sfruttamento. Per i Paesi avanzati meno export e costose barriere difensive.
Come prepararsi all’auspicata riduzione di consumi fossili? Mettendo questi Paesi nelle condizioni di mutuare le loro fonti energetiche con le rinnovabili (visto che hanno molto sole e anche vento) e con l’idrogeno prodotto con le eccedenze di rinnovabili: un piccolo pezzo di Sahara potrebbe, ove ben industrializzato, dare energia a tutti, senza inquinare l’aria.
Anche i Paesi sviluppati corrono rischi con il declino dei fossili. Quanta finanza è legata ai fossili? Moltissima! Quindi, essendo la finanza un pilastro dell’economie dei Paesi sviluppati, non è prevedibile l’effetto conseguente.
Quindi, la transizione energetica e l’equità sociale, compiesi gli equilibri del mercato finanziario, vanno di pari passo a livello mondiale. Non lasciamo l’equità sociale e il rischio finanziario nel ruolo di fantasmi della transizione energetica.