Il Parlamento europeo ha licenziato la CSRD ‒ Corporate Sustainability Reporting Directive, la direttiva sul reporting di sostenibilità avanzando indicazioni chiare su come redigere un Reporting di Sostenibilità richiedendo informazioni comparabili.

Le imprese interessate sono circa cinquemila in Italia:

le società di grandi dimensioni che superano almeno due dei tre criteri seguenti: 

  1. attivo di stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro; 
  2. ricavi netti superiore a 40 milioni di euro; più di 250 dipendenti;
  3. società quotate sui mercati regolamentati dell’Unione Europea, le società extra-UE che generano un fatturato netto di 150 milioni di euro nell’Unione Europea e che hanno almeno una filiale o una succursale in Europa; fanno eccezione le microimprese. 

Le microimprese sono imprese che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti di   almeno due dei tre criteri seguenti:

  1. attivodi bilancio: 350mila euro; 
  2. fatturato netto: 700mila euro;
  3. numero medio di 10 dipendenti durante l’esercizio.

Particolarmente significativa la puntualizzazione che anche le Imprese che partecipano a catene di fornitura, qualsiasi sia la dimensione, devo produrre un Reporting. Quindi la platea delle Imprese interessate si amplia moltissimo. 

TEMPI DI APPLICAZIONE

    • Dal 1° gennaio 2024 le imprese che rientravano nella direttiva sulla rendicontazione non-finanziaria (Decreto Legislativo 254/2016), circa duecento  grandi imprese d’interesse pubblico con oltre 500 dipendenti
    • Dal 1° gennaio 2025, tutte le grandi società che non erano precedentemente obbligate a rendicontare ma che rientrano nel nuovo perimetro.
    • Dal 1° gennaio 2026 le Pmi quotate, istituti di credito di piccole dimensioni, complessi e imprese di assicurazione “captive”, create dalla società capogruppo per assicurare i propri rischi. Gli standard di rendicontazione per questo gruppo saranno semplificati, verranno emanati in un secondo momento. Le Imprese che rientrano in questa dimensione potranno disattendere la nuova normativa (“opt-out option”) per due anni, dovendo precisare il perché di questa scelta. L’obbligo scatta inderogabilmente dal 2028. Con il 2029 (con riferimento all’esercizio 2028) partiranno le imprese di Paesi Terzi.

AGGIORNAMENTI

I reporting dovranno essere più dettagliati, allineati alla Tassonomia europea e alla Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR – un insieme di regole sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari), soggetti alla limited assurance, all’obbligo di adottare i nuovi European Sustainability Reporting Standards (ESRS); inoltre resi disponibili anche in formato digitale (XHTML), con “tag” ESG specifici sui criteri tassonomici comunitari.

In generale, integrerà  strategia e al business con informazioni di sostenibilità tanto quantitativa quanto qualitativa, ordinate in retrospettiva e in prospettiva, cioè attività realizzate e da realizzare; gli obiettivi ambientali avranno una prospettiva di medio-lungo termine, con evidenza dei piani di transizione, delle azioni di implementazione e dei piani di finanziamento e investimento.

LA MATERIALITÀ

La rendicontazione rileverà l’influenza dei temi di sostenibilità sulla finanza unitamente ai cittadini e all’ambiente (doppia materialità). 

GLI STANDARD DI RENDICONTAZIONE

L’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) li pubblicherà: 

    • entro il 30 giugno 2023, è prevista una prima serie di norme di rendicontazione relative alle informazioni che le imprese dovrebbero divulgare in merito a tutti i settori di rendicontazione e agli ambiti di sostenibilità e che devono essere rispettati dagli operatori dei mercati finanziari al fine di ottemperare agli obblighi di informativa previsti dal Regolamento 2019/2088 (SFDR).
    • entro il 30 giugno 2024 è prevista l’adozione di una seconda serie di standard con parametri settoriali.

L’APPROCCIO

Il Reporting avrà una evidenza all’interno della Relazione sulla Gestione e non in un fascicolo a parte e rappresenterà tutte le tematiche ESG, improntati a una prospettiva multi-stakeholder (e non solo dell’investitore) e di natura sia generica (“sector agnostic”) che settoriale (“sector specific”). Inoltre  avrà natura quantitativa e qualitativa (narrativa) e dovrà essere di carattere retrospettivo ma anche prospettico (forward-looking). 

Le informazioni prospettiche devono fare parte di piani di transizione che vanno inseriti e illustrati nel Reporting di Sostenibilità. Questi includono l’obbligatorietà di rendicontare le azioni di implementazione – e i relativi piani di finanziamento e investimento – svolte in linea con l’Accordo di Parigi e lo European Green Deal, e ove rilevante, anche l’esposizione dell’Impresa ad attività legate al carbone, al petrolio e al gas. 

La Direttiva introduce un’assoluta novità nel mondo del reporting aziendale, ovvero l’obbligo di rendicontare gli intangibili (internamente generati) che non compaiono nello Stato Patrimoniale delle società, e che dunque rimangono “invisibili” agli utenti esterni e interni del reporting. 

Alcuni settori, che presentano particolare rischio e possibile impatto socio-ambientale, avranno specifici standard; in particolare: agricoltura, silvicoltura e pesca; estrazione (inclusi petrolio, gas, minerali); manifatturiero (compresa produzione di prodotti alimentari e tessili); fornitura di elettricità, gas, vapore e aria condizionata; approvvigionamento di acqua, gestione dei sistemi di fognatura e dei rifiuti; costruzioni; vendita all’ingrosso e commercio al dettaglio; trasporto e immagazzinamento; attività immobiliari.  

I vertici e i manager delle Imprese sono tenuti a condividere le informazioni sulla trasformazione sostenibile con i rappresentanti dei lavoratori e coinvolgerli organizzando i mezzi per ottenerle e per procedere alla loro verifica. 

 CONCLUSIONE

Un impegno non indifferente, da non trascurare; si gioca il futuro per non rimanere indietro ed essere esclusi dal mercato. Ci vuole tempo e metodo, senza affrettarsi, cercando di entrare nella logica effettiva della trasformazione sostenibile; a piccoli passi, continui e convinti, per una integrazione progressiva, misurata e assimilata trasversalmente da tutto l’apparto aziendale.

In definitiva la CSRD serve a migliorare il potenziale del Mercato Unico europeo e in maniera uniforme e inclusivo, allineato al Green Deal europeo e agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs) per il 2030.